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CAPE OF SENSES
Sopra il Garda, dove l’acqua si confonde con la luce e l’orizzonte si allunga sul silenzio, Cape of Senses appare più che si mostra.
Un luogo che non accelera, non invita. Rallenta. Accoglie.
Qui, ogni cosa ha il ritmo del respiro. Ogni spazio, la densità del tempo.
Lino che si piega tra le mani. Spugna morbida che accoglie il corpo dopo l’acqua. Una ciabattina leggera che sfiora la pietra calda.
Ogni materiale è stato scelto per la sua voce tattile, per la sensazione che lascia sulla pelle.
I menu si sfogliano come pagine di tessuto. I sottobicchieri sono superfici silenziose. I cartelli sulle porte parlano con discrezione.
Niente è solo funzione. Tutto è atmosfera.
Oggetti che non occupano lo spazio, ma che lo abitano con misura.
Accessori che non cercano attenzione, ma equilibrio. Stanno lì dove serve — per accompagnare un gesto, sottolineare una pausa, completare una percezione.
Sono parte del luogo, del suo silenzio, della sua presenza: materia, cura, essenza.